lunedì 25 novembre 2013

Non sempre è il 25 novembre

Stamattina grazie al Sottodiciottofilmfestival ho portato i ragazzi del fare a vedere la Bicicletta verde.
Un film davvero gradevole, discreto e elegante. Nonostante l'argomento triste e spinoso, il tema della violenza si manifesta sul video in punta dei piedi e proprio per questo il groppo in gola si presenta puntuale, ma senza aggressività.

Ci siamo portati a casa, i ragazzi ed io, tanta voglia di pensare.
Le donne vittime di pregiudizi,
le donne vittime di stereotipi,
le donne vittime di falsi credo,
le donne vittime di se stesse,
le donne vittime degli uomini...
ma le donne...

Altri ragazzi erano presenti in sala: quanta fatica stare a guardare una violenza che si declina senza spari, senza botte, senza stupri...senza sangue.
Ma una violenza fatta di pensieri, di parole e di semplici gesti quotidiani, che tanto semplici non sono e che racchiudono un preciso disegno sociale, è difficile da riconoscere.

I nostri ragazzi, ma forse anche noi adulti, siamo vittime dell'idea stessa di violenza che ci è stata trasmessa dai media e non solo. Quanto è facile pensare che solo se ti mena un uomo è violento. Quanto è facile pensare che in fondo non la meni la tua ragazza e quindi non si può dire tu sia violento.

E oggi mentre guardavo il film pensavo ad un ragazzo che l'altro giorno sul treno telefonava alla morosa, ai suoi toni, alle sue parole, ai suoi modi. Una telefonata che si portava dietro tanta aggressività, quanto un occhio nero, tanta forza quanto un ceffone, tanto fastidio quanto una violenza.
E io pensavo. 
E avrei voluto strappare il telefono per aprire gli occhi a chi era dall'altro capo del telefono. 

Quella telefonata era carica di qualcosa di triste e spinoso, che non si presentava però in punta di piedi...
Ma sono rimasta impassibile, basita, con la consapevolezza che non sempre è il 25 novembre. 

E una bicicletta può farci svegliare...guardatelo, pensate e fate pensare.




domenica 17 marzo 2013

Cambiare si può!







giovedì 14 febbraio 2013

Lettere d'amore




14 aprile 1943

Tesoro mio, come potrei immaginare un altro giorno senza i nostri sospiri all’unisono?
Questa nostra distanza forzata, questa nostra miseria, questa guerra.
Vorrei poter essere sicura di riabbracciarti e poterci godere un po’ di noia e un po’ di quotidianità.
Come abbiamo maledetto i nostri giorni sempre uguali, tanto da credere potessero uccidere la nostra passione. Ora so che in tempo di pace tutto vale, anche la noia è fonte di amore e amore.
Amore mio vorrei poter riconoscere in queste ore di pena la speranza. Non so più cosa sia sperare e progettare. Ricordi quanti piani avevamo insieme? Quante volte abbiamo pensato che sì, avremmo fatto, avremmo detto... ma poi, più tardi.
Ora di quel poi ce ne hanno privato e l’unica salvezza sta nell’appiglio che offre la speranza.
Unico rifugio ora è il ricordo, la memoria di quello che siamo stati, delle Tue braccia che mi travolgevano e della forza con cui mi spingevi verso il futuro, il Nostro.
Nelle notti più faticose, quando sento le lacrime delle altre donne attraverso la loro disperazione recupero il coraggio di riportare alla luce le nostre ore d’amore. E’ il conforto alla mia pena. Riesco a sentire la Tua pelle sulla mia, le Tue mani che si prendono tutto di me.
Vorrei poterti dare la morbidezza delle mie labbra ancora una volta per imprimere sulle Tue il calore del Nostro amore.
A volte mi faccio sopraffare dallo sconforto e dalla paura. Temo davvero che questa guerra se non si porterà via i nostri corpi, riuscirà comunque a prendersi le nostre anime.
Scriverò sul muro di questo rifugio ogni giorno il mio amore per Te, così che in qualche modo possa essere garantito ad esso un futuro attraverso gli occhi e le emozioni di chi leggerà.
Mi risulta difficile il commiato anche dalla scrittura. Scriverti è comunque stare con Te. Ma la candela si consuma e la parsimonia può essere alleata in questi tempi di fatica. Ti abbraccio sussurrandoti ancora il mio amore.
Tua...
Anita






quelle psichedeliche delle mie amiche imprenditrici di io mangiogofri oggi in occasione di San Valentino insieme ai loro gofri consegneranno lettere d'amore, tra le tante ci sarà anche la mia, scritta per l'occasione. E se vi diverte...cercatele su fb e partecipate al loro giveaway.


sabato 26 gennaio 2013

27 gennaio

Io non ricordo quando ho cominciato a sapere che cosa è stato

Non ricordo un giorno preciso in cui qualcuno abbia cominciato a parlarmi di deportati, di defraudati di Vita. Forse perchè da sempre ne ho sentito parlare tra i racconti spezzati della mia bisnonna che raccontava dei tedeschi e di quella figlia bambina data in sposa ad un uomo che dopo l’8 settembre era sparito. Forse perchè la schiena rotta di quell’uomo che poi è tornato ha parlato per lui, anche quando mi spegneva la tv mentre d’estate guardavo film sulla guerra.

Non ricordo il giorno in cui ho cominciato a studiare sul libro di storia di un treno che terminava la sua corsa al freddo e nel dolore. Forse perchè spesso, sovvertendo quelle che oggi sarebbero regole rigidissime, il marito della maestra veniva a sostituirla per qualche improvvisa commissione e ci raccontava dell’eccidio di Cumiana, ancora tra le lacrime nonostante la cura della distanza temporale. La verità è che non c’è cura per un animo rapito da tanto dolore, un dolore che non si riesce a chiamare, non si riesce a dire. E allora attraverso le lacrime di quell’anziano signore noi abbiamo cominciato a studiare la storia.

Ma cosa ne sarà delle generazioni nuove che non hanno più la fortuna di incrociare i grandi uomini espressione umana della Nostra Storia?
Oggi alla manifestazione per il Giorno della Memoria io ero tra i più giovani. Perchè non si portano i bambini? 

Se non siamo più capaci a trovare le parole per spiegare cosa è stato, non saremo in grado di garantire che più non sarà.

La privazione dell’identità  cui tendeva il progetto nazista rinasce nella nuove generazioni affondando le radici in una visione più capitalista e per questo travestita da libertà e individualismo. Ma i nostri ragazzi sono in pericolo, proprio perchè attratti da un’ideologia e un fare che indica loro la strada al fondo della quale vedere facili risultati e un senso di appartenenza al potenziale senso di superiorità.
E’ nostro dovere intercettare altre strade per altre mete. Ma non possiamo evitare di raccontare cosa è stato, nascondendoci dietro la scusa che c’è troppo dolore.
Vedere tutti quei morti, i modi, i numeri...è faticoso? e allora troviamo il modo per dirlo!