martedì 16 giugno 2015

Giovanni Carena, lo conoscevo.

Avevo sedici anni circa quando, un sabato pomeriggio il mio papà mi disse che il Suo Amico Pittore mi voleva insieme a qualche amica nel suo studio, come modella per dei ritratti.  
Non credo di aver colto davvero il senso di quel pomeriggio allora, ma poi negli anni, dentro di me quel ricordo è diventato sempre più prezioso.

Ci andai con l'amica di sempre, Ester.
Quando entrai in quella casetta liberty che mi aveva sempre incuriosita, al centro di Pinerolo, mi sentii come la protagonista del Giardino Segreto, pensando di varcare la soglia di un mondo magico e nascosto, privato. Ho memoria di una stanza disordinata, polverosa, piena di tele e tanti rotoli. Ma il Maestro, come capii che andava chiamato, con sicurezza  vi trovava qualsiasi cosa cercasse.

Con aria burbera e decisa ci fece sedere al centro di quella stanza, che nei miei ricordi è enorme, e cominciò a tratteggiare i nostri volti con un carboncino su dei fogli di carta giallina.

Poi come annoiato, cambiando registro mi mise un cappello di paglia tutto polveroso in testa, che uscì come dal cilindro di un mago, dagli  scaffali che contenevano centinaia di fogli arrotolati, per me in quel momento misteriosi.

Ricordo che inizialmente non mi piaceva tenere quella roba in testa, ma poi mi prese forte il senso di essere parte di una Bellezza che stavo studiando in quegli anni, al liceo, nelle lezioni di storia dell'arte. Mi sentivo come la protagonista di un quadro di Renoir !
Il Maestro mi guardava, apparentemente distratto, e tratteggiava questa volta con i pennelli, su un foglio grande quasi di recupero. Dopo poco avvenne la magia: mi mostrò l'opera d'arte, ancora colante che aveva me come centro. 

Mio padre provò a convincerlo a venderglielo, ma il Maestro non ne volle sapere. 
Solo qualche anno dopo, grazie a una fortunata coincidenza [anche se io sono convinta che nulla accada per caso] riuscimmo a entrare in possesso di quel quadro.
Quel quadro mi ha seguita ovunque io mi sia spostata, aldilà del valore artistico, ha per me un valore emotivo grandissimo. Molti dicono che non mi somigli, io invece credo che il Maestro abbia saputo cogliere qualcosa di molto intimo, che forse allora solo io e lui conoscevamo, ognuno con il proprio paradigma.

Era il 1990, forse febbraio, il 15 novembre dello stesso anno il Maestro si è spento.

Il Maestro era Giovanni Carena.
Il 9 maggio avrebbe compiuto 100 anni. La sua storia è così ben tratteggiata in un libro che ne racconta i lati conosciuti e quelli più in ombra, dalla nipote Ilaria Carena.

Ritratto ad acquerello di G. Carena

Ritratti a carboncino di G. Carena

domenica 14 giugno 2015

Chiedevano pane e pace

Mi piace sempre far toccare la Storia ai ragazzi del fare e così eccoli ad ascoltare i protagonisti quasi a bocca aperta. 

Antefatto: con la collaborazione dell'Anpi di Pinerolo e la guida del suo Presidente Riccardo Vercelli, abbiamo organizzato una passeggiata resistente, vale a dire una camminata per le vie di Pinerolo con l'obiettivo di conoscere monumenti e targhe dedicate alla Nostra Resistenza. I ragazzi hanno imparato ad alzare lo sguardo, sia concretamente, sia metaforicamente, e conoscere nomi e storie di chi la Storia l'ha fatta.

Sono venuti in classe David Terracini, di famiglia ebrea, Giovanni Panosetti, nato in un lager e Maria Airaudo, staffetta partigiana. Si sono presentati ai ragazzi, ognuno con le proprie storie e con le proprie anime. 

Le emozioni sono state forti per ognuna delle tre storie: partecipazione per il pianto di Panosetti, che ancora oggi si commuove a raccontare la sua storia e quella dei suoi genitori, stupore per una famiglia ebrea che è così tanto riconoscente al mondo, nonostante il buio che ha sopportato, ammirazione per una novantenne che ha l'energia e l'entusiasmo dei vent'anni.

Maria ha conquistato tutti con gli aneddoti che ad uno ad uno ha regalato a chi l'ascoltava, con il desiderio di trasmettere l'amore per la Libertà e l'Impegno.

I ragazzi hanno visto materializzarsi davanti a loro quanto studiato sui libri in precedenza e attraverso i volti di chi raccontava hanno potuto riconoscere gli stati d'animo che i libri istituzionali non riportano. Hanno imparato che la Storia, quella con la S maiuscola, è fatta di tante piccole storie che si prendono per mano. Come il destino della radio della famiglia Terracini: agli ebrei era vietato possederne una, così la mamma di David deve separarsi dalla sua, ma lo fa nascondendo un biglietto al suo interno [con grafia e stile da romanzo di appendice] . E proprio come in un romanzo questa radio alla fine della guerra tornerà in possesso della famiglia in questione, grazie a un Giusto che ebbe la sensibilità di credere al biglietto nascosto.

O come le medaglie al valore che sono state consegnate non tanti anni fa al sig. Panosetti in memoria dei suoi genitori e che lui interpreta come un piccolo riconoscimento morale e un tributo al sacrificio di chi gli ha dato la vita.

O come il grido di Maria, che racconta che i giovani abbracciavano la causa della Resistenza, perchè mossi dal desiderio di Pane e Pace.

L'applauso che è partito spontaneo dai ragazzi verso i tre ospiti, all'esortazione di Maria "non arrendetevi mai!", mi piace pensarlo come un tributo a chi con la propria lotta ha permesso che oggi siamo liberi di ascoltare e parlare.