mercoledì 2 dicembre 2009

L'economia dell'adolescente

Teenager2009 [2]

Qual è il profilo economico dei nostri teenager?

E' inutile nascondere che l'anno di recessione ha favorito una serie di cambiamenti e di orientamenti di consumo diversi.

I nostri giovani hanno solo percepito la crisi.
Le fonti del denaro fino ai 19 anni sono dei genitori, in seguito compaiono delle entrate provenienti da piccole occupazioni.
I dati ufficiali dicono che si arriva anche ad una spesa mensile di 500 euro, che si declina in voci di spesa come ricarica del cellulare, panini, divertimenti. Molti sono i settori in discesa quali dischi, bevande, sigarette, abbigliamento e accessori.

Questi ragazzi non sono molto consapevoli di aver modificato i loro consumi, ma a qualcosa hanno rinunciato.

Le famiglie hanno coperto l'impatto della crisi sui giovani in piena coerenza tutta italiana. Anche i servizi bancari sono pilotati dai genitori o dai nonni.

Pare comunque che i teenager italiani siano i più viziati d'Europa, come ci spiega Marco Lignana dell'Espresso.

Dal punto di vista del Marketing i teenager sono nati per comprare e dagli 8 ai 12 anni considerano lo shopping come parte integrante della loro vita. Anche la paghetta assume significato di consumo. Manca ancora a questo proposito una sensibilizzazione culturale che declini la paghetta in risparmio. A riguardo mi vengono in mente alcune riiflessioni in atto come quella di Juliet Schor che nel suo libro Born to buy analizza come un certo tipo di marketing abbia creato una generazione di bambini violentati dall'invito all'acquisto, perchè tutto necessario. C'è poi anche il progetto di Guido Castiglia e Renzo Raccanelli, che ha proprio come obiettivo la sensibilizzazione e lo sviluppo della consapevolezza in merito alle potenzialità [non sempre positive] delle azioni pubblicitarie sui ragazzi, con tanto di lettera d'intenti.
Anche i più piccoli possono facilmente capire cosa si vuole dimostrare con il progetto grazie al bel racconto di Guido La Guerra di nonno Franco.

Gli adolescenti amano la pubblicità ma la vogliono scegliere, vogliono cercarla come se fosse un contenuto al pari di altri universalmente riconosciuti.
Interessante notare come il trand di attenzione alla pubblicità dal 1999 al 2009 sia in calo in TV, radio, cinema, periodici, tranne che in internet. Questo perchè sul web c'è un contatto di orizzontalità che nessun altro mezzo mediatico ha.

Un dato da segnalare che caratterizza gli adolescenti di questa generazione è che ciò a cui non rinuncerebbero mai è il telefonino, a riprova della loro fisiologica necessità di essere perennemente e potenzialmente connessi.

Non posso resistere nel richiamare sulla quantità e costi degli apparecchi che quasi imponiamo loro. La domanda è retorica lo so: ma è proprio così necessario?

2 commenti:

  1. Ciao Lia,

    ho letto la lettera d'intenti e il racconto La Guerra di nonno Franco.

    Condividerei senza esitazione l'obiettivo di costruire azioni da realizzare con i bambini, gli educatori, eccetera … ma ne amplierei l'intento; non credo possa bastare indicare un pericolo ai giovani; credo si dovrà indirizzare anche la rieducazione degli adulti e il cambiamento (avvenuto senza che gli adulti ne fossero consapevoli) di tutti i riferimenti classici, utilizzabili per integrarsi e riconoscersi.

    Il mio personale manifesto d'intenti tiene conto di quest'ultima realtà; ho iniziato a proporre d'inventarselo per dare un'impostazione all'iniziativa di un sedicenne, che sperava in un guadagno dai click che i visitatori avrebbero fatto sulla pubblicità del suo sito.

    La mia motivazione principale nasce però dalla preoccupazione per il futuro dei miei nipotini, nati in Francia e residenti in Asia; la loro scuola è inglese e la loro famiglia italiana, con nonni piemontesi e nonni emiliani, residenti, oltre che in piemonte e in emilia, anche nel veneto.

    La situazione dei miei nipotini è una realtà comune a un numero crescente di famiglie espatriate; in termini "economici", quelli che ci dovremmo preoccupare di sperimentare tutti quanti, nella nuova dimensione di una "economia della conoscenza", esaspera (o estremizza) quel problema (ben descritto nel tuo post precedente) dell'integrarsi per riconoscersi comune a tanti giovani, in particolare quelli che abbandonano la montagna perché priva di prospettive.

    Mi fermo qui; dovrei aver detto anche troppo .. per un'azione (di ProLoco Web-Territorio) che sembra esistere solo nella mia (ancor giovane) immaginazione ;-)

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  2. Luigi, il Tuo commento credo si commenti da solo. [perdona il gioco di parole]
    La tua personale esperienza è un paradigma perfetto di ciò che dovrebbe essere mobilità interculturale!
    La mia preoccupazione è più rivolta agli adulti che agli adolescenti: a me sembra che siano le generazioni precedenti ad affogare nelle nuove dinamiche e regole che l'economia impone. Come al solito i ragazzi hanno molte più risorse di noi: certo è che se gli consegniamo un mondo malato...le energie che devono mettere in campo sono davero troppe!

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