mercoledì 9 dicembre 2009

un sorriso, una mano e...i Talenti nascosti dei ragazzi del Successo


Guardarli con il sorriso.
Guardarli con il sorriso interiore è il segreto per vedere il buono che c'è in loro.

Non si fa altro che mettere in luce gli aspetti peggiori delle nuove generazioni, l'individualismo e la voglia del tutto e subito.
Non si fa altro che guardare la loro socialità virtuale perdendo di vista le nuove potenzialità del loro essere sociali in modi nuovi.
Non si fa altro che ragionare per stereotipi perchè...si sa l'adolescenza è un'età difficile, la più brutta che ci sia.

Ma se si prova a guardarli nelle loro specificità, staccando gli occhi dal branco, ci si accorge delle ricchezze individuali e delle caratteristiche proprie che, se riconosciute, possono essere la chiave per una strategia educativa.
Partire dalle loro stesse risorse per farsi indicare la strada del loro successo, potrebbe essere il segreto di una pedagogia al passo con le generazioni liquide.
Quando dico successo non parlo di meritocrazia, di quel tipo che richiama denaro e perfomance, così come ci richiama la teoria di Abravanel che vede nello studente bravo uno strumento economico.
Questo modello però esclude e la società ora ha bisogno di includere per richiamare altri valori di cui i nostri ragazzi hanno bisogno per sentirsi "buoni".

Mi piace pensare alla scuola come Comunità Educante, dove i piccoli talenti, anche quelli più nascosti possano emergere, grazie alla pratica e alla sensibilizzazione. Anche la futura professionalità del migliore studente possibile è destinata a plasmarsi, nutrirsi, crescere col tempo.

Non sempre i talenti sono allo scoperto, sono espliciti: nei ragazzi del fare spesso sono latenti, da scoprire. Bisogna fornire loro lo spazio creativo necessario a stanare le specificità e utilizzarle come rinforzo, anche disciplinare. E' l'ascolto empatico che crea i legami creativi. [il richiamo alla clinica del legame di Benasayag e Schmit è quasi scontato].

Per aiutarli a scoprirsi e scoprire le proprie attitudini nascoste è importante da parte di noi adulti una osservazione partecipante, che ci renda parte del gioco, che ci porti a condividere con loro le novità e i successi. La voglia di provare deve essere orientata, accompagnata.

L'entusiasmo si impara guardandolo, respirandolo.

Ci si deve occupare dell'Anima dei ragazzi, del loro volersi bene!

Gennari nel suo "Trattato di pedagogia generale" richiama alla necessità di investire sullo sviluppo soggettivo dell'individuo:
Finchè la scuola sarà costruita secondo criteri di selezione in base alle capacità dei singoli di integrarsi a differenti livelli nell'economia di mercato, il soggetto non arriverà mai ad un nucleo emancipativo proprio dell'uomo formato nella sua interiorità, nella sua libertà e nella sua autonomia di pensiero.


Le regole economiche non si associano ai sorrisi. La soddisfazione dei primi passi compiuti da soli, per arrivare a prendere qualcosa che si desidera si associa al sorriso.

Formare ed educare sono professioni che devono inevitabilmente puntare al successo, ai risultati.
Ma siamo sicuri di essere tutti d'accordo sul sgnificato di Successo Formativo?

2 commenti:

  1. La scuola da sempre rappresenta la società che la nutre (o la disidrata).
    Oggi la scuola è disidratata da una società che ha obiettivi lontani dal valore essenziale dell'insegnamento, ovvero l'attenzione per una crescita armonica dell'infanzia e dell'adolescenza.
    La nostra società soffre di una grave sindrome di schizofrenia, basti pensare al martellamento ragionato del marketing sui giovani per ridurli tutti in famelici consumatori di marchi; basti pensare ai modelli di aggressività, di impudicizia, di xenofobia e razzismo che offrono i nostri media e molti referenti istituzionali, per poi lamentarsi del crescente bullismo, della crescente "prostituzione" delle ragazze (le nostre ragazze italianissime e di buona famiglia)o. per contro, della crescente violenza sulle donne. Il messaggio è chiaro, o sei dentro al meccanismo o sei un perdente.
    Il valore devastante che prevale oggi, anche dentro la scuola, è la competizione, l'aguzzare i denti per affrontare una vita dove è necessario essere aggressivi e vincenti.
    Compito di chi educa (genitori, insegnanti, allenatori, preti ecc) hanno un ruolo e una responsabilità: capire che la competizione non è per tutti e soprattutto non seleziona i migliori, solo i meno sensibili.
    Lo sviluppo della sensibilità e della mitezza rafforza l'anima e l'autostima, solamente così la creatività e le peculiari attitudini possono rivelarsi, grandi o piccole che siano, un valore aggiunto della persona.
    Guido Castiglia

    RispondiElimina
  2. Grazie Guido del Tuo contributo e benvenuto da queste parti!
    Infatti: "la competizione non è per tutti"
    Siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
    Tutti sono concentrati sui risultati, sulla performance, ma pochi sul processo, sull'acquisizione di competenze e sul percorso che i nostri ragazzi devono fare per imparare a "stare al mondo". Perchè per quello non c'è nessun corso universitario, ma siamo noi come educatori a permettere loro di crearsi uno stile e una sensibilità.

    RispondiElimina