domenica 31 maggio 2009

L'Ospite inquietante-nichilismo, la malattia dei nostri ragazzi

Quando al liceo ho affrontato Nietzsche per la prima volta una vera e propria antipatia mi ha assalita, indipendente dal dovere di studentessa. Questo nichilismo mi risultava davvero difficile da comprendere e condividere.
Ora che mi occupo di questioni riguardanti ragazzi dell'età in cui io provavo a capire di filosofia [ma i ragazzi di cui mi occupo non vogliono saperne di filosofia!], mi viene il dubbio che quel nichilismo così antipatico, in qualche modo mi sia appartenuto.

L'ospite inquietante, ci insegna Galimberti, si aggira tra i giovani e li annienta!
Questa è una chiave di lettura interessante, perchè ci mette al riparo dal dubbio di dover trovare un nome al malessere dei giovani. Ciò di cui soffrono non afferisce alla sfera dell'esistenziale, non è un problema riferito all'ego in rapporto al mondo. I giovani stanno male perchè la crisi che si è insinuata in loro è culturale!
Mi viene spontaneo cercare di immaginare come la Scuola che si sta profilando [nell'immediato futuro ahimè] possa intervenire e rielaborare la mancanza di valori in cui il mondo giovanile si declina. Quando parlo di mancanza di valori, non voglio parlare in termini moralistici, piuttosto mi riferisco proprio alla svalutazione di quei valori che per secoli hanno funzionato come strumenti di coesione sociale. Come dicono i filosofi, se cambiano le epoche è normale che i valori si svalutino, perchè fenomeno tipico della Storia; [ma] non è normale che i valori non vengano sostituiti, perchè questo vuol dire che manca uno scopo.
Sì, i ragazzi con cui mi confronto quotidianamente spesso non vedono lo scopo. Non hanno più il tempo di desiderare [siamo nell'epoca del tutto e subito!], ma è il desiderio che alimentandosi di mancanza costruisce l'Uomo [ senza il desiderio non ci si può costruire un'identità].
Come è possibile indicare lo scopo e far scoprire la gioia del desiderio?
Ancora una volta si affaccia l'ombra [ma a me piace chiamarla Forza] della Cura, che passa anche attraverso l'educazione emotiva.
Allora mi viene da dire che ogni volta che ci si sorprende dell'apatia di alcuni giovani, bisognerebbe fare lo sforzo di andare oltre e cercare la relazione, perchè quell'indifferenza emotiva che tanto ci stride può essere curata solo con la comunicazione.
E' il carisma di cui ci parla Pennac che può fare la differenza![Platone ci diceva che si impara per plagio!]
Purtroppo sappiamo che i docenti in Italia vengono selezionati solo su basi culturali, nozionistiche: la capacità di comunicazione non viene minimamente testata. [quando affronteremo seriamente questa discrasia?]
Il sentimento si allena nella palestra della Lettaratura. Per usare un linguaggio attuale, la Lettaratura, paradigma della Vita, crea competenze emotive. Ma la nostra scuola si sta tecnicizzando... Mi chiedo: che ne sarà del sentimento? che ne sarà della sofferenza dei nostri ragazzi?
Il metodo per trasmettere il sentimento, e combattere l'ospite inquietante, ce lo ha insegnato Socrate: parlare e parlare! ma la nostra scuola è fatta di tempi sempre più burocratici e sempre meno adatti all'accoglienza, al dialogo.
La nostra scuola spesso non conosce ciò che differenzia l'Educazione e l'Istruzione.
L'Istruzione non supera il nichilismo, forse se ne nutre, l'Educazione cerca di risvegliare e consentire ai giovani di dischiudere il loro segreto, spesso a loro stessi ignoto [Maurizio Mancuso].
Ecco che si profila all'orizzonte lo scopo e il futuro può prendere forma: oltre il nichilismo!





venerdì 29 maggio 2009

TUTTO QUELLO CHE MI SERVE SAPERE L' HO IMPARATO ALL'ASILO di Robert Fulghum

trovo sul blog di Enrico Sitta http://cooperativelearnignlim.blogspot.com
...e condivido


La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l' ho imparata all'asilo.
La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, bensì nei castelli di sabbia del giardino dell'infanzia. Queste sono le cose che ho appreso:

Dividere tutto con gli altri.
Giocare correttamente.
Non fare male alla gente.
Rimettere le cose al posto.
Sistemare il disordine.
Non prendere ciò che non è mio.
Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
Lavarmi le mani prima di mangiare.
I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa,
pensare un po' e disegnare, dipingere, cantare,
ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
Fare un riposino ogni pomeriggio.
Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano
e stare vicino agli altri.
Essere consapevole del meraviglioso.
Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono,
la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché,
ma tutti noi siamo così.
I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e
persino il seme nel suo recipiente:
tutti muoiono e noi pure.
Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato,
la più importante di tutte: GUARDARE.
Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole auree, l'amore, l'igiene alimentare, l'ecologia, la politica e il vivere assennatamente.
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi precetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale, e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate a come il mondo sarebbe migliore se noi tutti , l'intera umanità prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio alle tre e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tutti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere ogni cosa dove l' hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.

Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondo è meglio tenersi per mano e rimanere uniti!

venerdì 15 maggio 2009

per una pedagogia dell'allegria...

Inde quippe animus pascitur, unde laetatur [Agostino, Confessioni, XIII, 27]

Su Nuova Secondaria di aprile 2009 Domenico Cacopardo ci parla di Allegria applicata alla didattica.

Cacopardo traduce la citazione di Agostino con nutre la mente solo ciò che rallegra, sottolineando che il nutrimento della mente è veicolato da cibi-saperi piacevoli, che producono benessere e che muovono appunto allegria.
Agostino ci prospetta l'idea che ci sia un'allegria per la mente che nutre e che quindi accompagna alla crescita, una tristezza per la mente che debilita.
Chi si distrae pensa [ricordate Talete? distratto cascava dentro la buca], ma con allegria.
L'Allegria alleggerisce e predispone al Desiderio, che è molla per la conoscenza, una conoscenza non utilitaristica, quanto piuttosto apprendimento utile alla vita quotidiana. La leggerezza porta alla com-prensione della nostra mente, mentre la pesantezza l'incapacità di capire.

Leggendo l'articolo ho molto riflettuto su certi atteggiamenti che spesso si hanno con i discenti: di serietà estrema! Mi sono interrogata sul perchè ci si debba rivolgere ai ragazzi [ma a volte anche agli adulti...] con lo sguardo spento e con poco trasporto per ciò che gli si sta trasmettendo. Imparare deve dare felicità! ma se questa non è negli occhi di chi deve essere veicolo di sapere/conoscenza, come si può imparare il piacere della ...leggerezza, appunto?
[Ricordo la mia insegnante di Matematica e Fisica al Liceo che per insegnarmi il Principio di Gravità si lanciava dalla cattedra...: lei mi distraeva! ed io ero felice di comprendere/apprendere qualcosa che altrimenti non sarebbe stato nelle mie corde]

Cacopardo ci lancia una sfida affermando che la grande scommessa dell'insegnamento è riuscire ad insegnare che apprendere può dare felicità.
Pensando a come concretamente io potessi rispondere, mi sono resa conto che la formazione professionale per sua natura è predisposta alla distrazione e quindi all'allegria. In laboratorio tutto può essere distrazione e attraverso un gesto, anche semplice a volte si trasmette una competenza. I ragazzi soddisfano i loro desideri e si sentono appagati [questa è la ragione per cui spesso chi non riusciva nella scuola tradizionale, riesce un po' meglio nella formazione professionale].

Mi piacerebbe poter chiedere ad insegnanti ed educatori di andare al di là delle riforme e dei principi, ma di pensare con leggerezza agli obiettivi veri: i ragazzi!
Mi piacerebbe poter chiedere a chi ha il compito di veicolare i saperi di non cercare negli occhi dei ragazzi l'attenzione spenta [spesso finzione], quanto piuttosto la luce del desiderio.
Mi piacerebbe poter chiedere agli insegnanti di sorridere di fronte alla Distrazione.





martedì 12 maggio 2009

...ciò che sono

Questo blog nasce sull'onda di un sentimento...ma a ben pensarci nasce dal desiderio di sintetizzare a me stessa e al mondo ciò che sono.

Riflettendo sul contenuto che avrei voluto dare a questo spazio insistentemente si affacciavano i volti di Chi in qualche modo [se pure inconsapevolmente] ha contribuito alla nascita di Farfalle a scuola.
La mia passione per i ragazzi, per le evoluzioni, per la crescita...nasce e si alimenta grazie agli incontri e alle sollecitazioni di chi ha partecipato di un pezzo delle mia vita.

Penso a Sr. Giancarla mia maestra d'asilo e primo incontro davvero importante, mi ha insegnato la Cura e i suoi effetti benefici.
Penso a Laura che con timida determinazione mi ha trasmesso la passione per Chi ha un po' di difficoltà ad unirsi ai giochi e ai momenti spensierati.
Penso a Guido [e tutti gli amici del teatro] che insegnandomi a recitare mi ha regalato uno strumento...alternativo.
Penso a Roberta da cui ho appreso come si conduca un gruppo verso gli stessi obiettivi, anche quando questi sono ardui e ...disabili.
Penso a Monique di cui ammiro la grande capacità di entrare nei cuori di chi non è in linea col mondo.
Penso ad Alessia, Marina e Patrizia che mi hanno rapita con la loro passione per il lavoro e la voglia di trasferire ad altri ciò che amano.
Penso a Sr. Claudia da cui ho rubato qualche pezzo di mestiere.
Penso a Carlo e la sua infinita Conoscenza, che con grande generosità ha voluto condividere per farmi Crescere.
Penso all'altra Roberta che con il suo spirito critico mi ha tante volte aiutata a guardare più in là.
Penso a Marco che [inconsapevolmente] mi ha fatto nascere il desiderio di arrivare qui.
Penso ad Andrea, Alessandro, Cristina, Daniela,Davide, Luisella, Enrico...che tra sorrisi e smorfie mi accompagnano nelle difficoltà quotidiane, ma anche nelle Piccole Grandi Soddisfazioni.

Penso a mio padre che mi ha trasferito l'amore per la scrittura.

Tutti questi volti mi si stringono intorno e come in una danza ...si fanno farfalle.

lunedì 11 maggio 2009

Il rito...



Qualche anno fa la mia collega [ahimè ex] e amica Roberta [ho la presunzione di pensarla tale] ed io avevamo voglia di qualche giorno tra la Pace! Condividiamo la passione per la montagna e il cammino [..e il buon cibo].
Quasi casualmente ci siamo imbattute nel Rifugio Becchi Rossi a Ferrere (Val di Stura): un luogo che nel mio immaginario è ormai diventato simbolo di Pace.
Abbiamo camminato e riposato... mangiato...ma soprattutto degustato sapori e profumi di un Tempo indefinito nel passato. Giorgio, il gestore del rifugio, ci ha aiutate a uscire dalla nostra piemontesità e diffidenza consegnandoci i segreti del luogo [e forse anche suoi].
E' stato tutto talmente intenso... che abbiamo deciso ci saremmo tornate tutti gli anni, come un rito che chiudesse l'anno formativo e aprisse le ferie.
A causa delle contingenze della vita e del lavoro il Nostro Rito ha avuto un arresto, ma quest'anno siamo intenzionate a riprendere il corso di ciò che ormai era diventato un appuntamento atteso.
Quando la mia mente è stanca e la mia passione per la vita spenta penso a Ferrere e tutti i suoi colori.
Così ho pensato, in un momento di eccessivo ottimismo [e forse anche un po' di follia] che sarebbe bello fissare un appuntamento lontano nel tempo...magari tra un anno circa [16 maggio 2010] per potersi ritrovare iniseme [colleghi e no] e prenderci una pausa..."di riflessione" e ...Pace.
Si accettano proposte.
E chissà che il Rito non possa prendere forma anche per qualcun altro.

venerdì 8 maggio 2009

Diario di scuola [potenziale pericolo?]

L'approccio che ho avuto con "Diario di Scuola" di Daniel Pennac è stato di iniziale diffidenza.
L'ho acquistato subito, appena è uscito in libreria. [L'impazienza ha imposto e l'impulso ha agito]. Ho pensato che lavorando nel settore educativo non potessi restare indifferente a quel tipo di prodotto.
E' rimasto mesi in libreria, tra i libri vissuti, a fermentare...ne temevo la lettura, questa è la verità. Pensavo che leggerlo durante l'anno formativo potesse essere pericoloso.
L'estate e la distanza da ragazzi e colleghi, dalle riunioni e dalle discussioni [non sempre condivise dai colleghi] sul successo formativo e sulla personalizzazione degli interventi educativi mi ha permesso di riavvicinarmi [sempre con diffidenza, però!] al libro.
La diffidenza presto ha lasciato il passo, pagina dopo pagina, al coinvolgimento. Mi sono sentita parte di esso, sia dal punto di vista del "somaro" [protagonista indiscusso], sia dal punto di vista dell'insegnante [I prof ci fanno uscire di testa!] nella sua accezione negativa e positiva ad un tempo.
Il somaro di Pennac è quel ragazzo che ha bisogno della Cura per non disperdersi, che ha bisogno di essere considerato come una cipolla dall'insegnante, affinchè possa essere "toccato" dall'apprendimento sotto i suoi mille strati.
L'evoluzione del somaro avviene solo ed unicamente attraverso l'Amore. L'amore di cui parla Pennac ha diverse facce; si tratta di quella passione comunicativa per la materia che permette l'apprendimento inconsapevole da parte dei ragazzi, perchè accompagnato da un sentimento di generosità intellettuale; e si tratta dell'amore inteso come approccio relazionale ai ragazzi [per intenderci I care di don Milani].
La Responsabilità che Pennac consegna nelle mani degli insegnanti è davvero grande, lasciandoci intendere che il successo [l'evoluzione dico io, la presenza dice Lui] degli allievi dipende strettamente dalla presenza fisica, intellettuale, e mentale dell'insegnante per tutta la durata della lezione. Insegnare non può prescindere dalla convinzione che nessuno è condannato a essere per sempre una nullità, come se avesse mangiato una mela avvelenata! Non siamo in una fiaba, vittime di un incantesimo! Insegnare è farla finita con il pensiero magico, fare in modo che a ogni lezione scocchi l'ora del risveglio!
Il risveglio è la condizione necessaria affinchè i ragazzi si persuadano che in loro c'è del buono, della potenzialità, affinchè possano sconfiggere la vergogna di non fare mai la cosa giusta [Lo studente che va male, non ha mai la sensazione di essere ignorante. Io non mi trovavo ignorante. Io mi trovavo coglione.]
Mi sembra che la centralità dei ragazzi debba essere accompagnata dalla centralità dell'insegnante, perchè così è possibile instaurare il rapporto di fiducia che permette il processo di apprendimento e il superamente della paura di crescere.
Nessuno è predestinato a essere un ignorante perpetuo...ricordarlo è dovere di chi educa/forma/insegna. Ora sono convinta che ricordarlo non sia pericoloso!

giovedì 7 maggio 2009

...in realtà la scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde

Il titolo di questo post è stato preso in prestito da Don Milani.
Ritengo sia un pensiero decisamente attuale e mi stupisco come la Scuola poco si riferisca al modello che proprio il priore di Barbiana ci ha lasciato, quasi come monito per recuperare il senso dell'Impegno, come assunzione di Responsabilità e Cura verso i ragazzi.
Quello che don Milani indicava come unico problema della scuola, ora è diventato uno dei cinque Benchmarck della Conferenza di Lisbona. Infatti entro il 2010 i Paesi Europei dovranno tendere alla riduzione degli early schoool leavers al 10%.
In Italia, non è un segreto, siamo ancora molto lontani dall'obiettivo.
Per dispersione non s'intende unicamente l'abbandono, piuttosto una forma di insuccesso formativo (scolastico), laddove i ragazzi non hanno potuto sviluppare appieno il proprio potenziale di apprendimento. Ecco insinuarsi la dissaffezione, la demotivazione, la noia...
Così le Riforme dei nostri tempi portano l'etichetta severa di "Obbligo di Istruzione" [fino ai 16 anni assolvibile sia nel sistema scolastico sia – finché il nuovo ordinamento entri a regime – nei percorsi triennali integrati sperimentali attivati dalle Regioni in base ad accordi con lo Stato, che si concludono con qualifiche professionali di primo livello.] quasi con l'illusione che noia e demotivazione possano essere combattute con i Decreti [e con gli obblighi]
Non è forse l'approccio del Sistema e al Sistema che deve mutare?
Don Milani ci ha indicato umilmente la strada attraverso il concetto di Scuola Popolare, che accoglieva Chi dalla scuola tradizionale non era compreso.
Uso il termine comprensione, perchè sono convinta che i ragazzi debbano essere oggetto di attenzione per poterne scovare l'Identità, per poterla riconoscere nella sua unicità.
I care è il motto della scuola di Barbiana e vuole esprimere la volontà di accogliere e farsi coinvolgere dalle capacità e incapacità dell'Altro, per cercare insieme un'evoluzione formativa [...le farfalle].
Mi piacerebbe poter pensare ai ragazzi in una dimensione di Personalizzazione al di là dei numeri e pensare alla parola obiettivo unita al concetto di Successo e non di riduzione del problema.
Indipendentemente dalle Riforme e dai Decreti bisogna pensare ad una Scuola che:
  • piaccia a chi la frequenta
  • metta in discussione [noi] formatori e docenti per trovare vie nuove nell'esplicitazione dei ruoli
  • suggerisca modalità alternative più adatte al nuovo mondo di "questi" adolescenti
Così la noia, forse, potrà lasciare spazio all'Interesse e al desiderio di crescere; crescere come Individui, come Educatori, come Sistema.






http://www.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/dispersione_as0405.pdf

martedì 5 maggio 2009

La Fabbrica delle Farfalle

Perchè le Farfalle?
La farfalla è un animale simbolico per molti popoli.
Rappresenta il cambiamento e la bellezza, la metamorfosi intesa come trasformazione interiore.
Nella mia modesta vita professionale ho incontrato tanti adolescenti/farfalle, che si sono fatti guidare in una trasformazione "attiva", passando dal senso di inadeguatezza al mondo a "materiale umano" a disposizione del mondo [professionale e no] con una consapevolezza nuova. Così mi sono convinta che possa esserci una sorta di pedagogia delle farfalle.
La Formazione Professionale è considerata un settore di nicchia, ma ahimè...il nuovo assetto sociale ci ricorda che è necessario trovare strade alternative a quella che è sempre stata (a torto o a ragione) considerata l'Istruzione Tradizionale. Così gli Stati Generali si sono accorti che nella tradizione di una certa Italia esiste una Scuola che forma al lavoro, al Fare insieme all'Essere.
Così la Scuola Tradizionale si è accorta che i "ragazzi difficili" possono essere ri-orientati verso quel sistema alternativo, spesso considerato di serie B.
Sono proprio i "ragazzi difficili" che diventano Farfalle! ecco allora...la Fabbrica delle Farfalle.
[il riferimento a Gioconda Belli è d'obbligo "La Fabbrica delle Farfalle" ed. e/o1997]
Questo spazio nasce dal desiderio di dare voce a tutto ciò che è innovazione e stimolo per quel Sistema che deve vedersi riconosciuta la dignità che merita.

Proverò a mettere in Ordine i Pensieri, affinchè possano diventare Fatti, ma sempre con lo sguardo rivolto all'Esperienza in una dimensione di Condivisione con chi ne avrà tempo e voglia.