Abbiamo risparmiato alle ultime generazioni la fame, pensandola come colpevole dimostrazione di un'inettitudine sociale e non come l'esito di un sistema economico in cui qualcosa non funziona.
Abbiamo gridato odio a chi ci mostrava la propria disperazione, facendo a gara a trovare disgrazie più grandi in nome di una civiltà, forse persa per sempre.
Abbiamo puntato i piedi per comunicare l'incapacità a ricoprire ruoli di potere, pensando di dimostrare il contrario. Abbiamo dato alla prepotenza il compito di nascondere inadeguatezza.
Abbiamo compensato la nostra assenza con strumenti e beni con chi amiamo o chi dovremmo amare.
Abbiamo rinunciato alle cose semplici, alla ricchezza delle parole, alle potenzialità degli abbracci (che fossero fisici o metaforici).
Abbiamo, e non siamo più.
Non siamo più capaci di fermarci, di recuperare emozioni e relazioni.
Non siamo empatici, prede di un individualismo, che ci impone di riempire centri commerciali nonostante sia chiaro a tutti che è pericoloso.
Non siamo fiduciosi, sicuri che chiunque ci stia fregando, che qualsiasi scelta fatta nasconda sempre un secondo fine.
Non siamo riflessivi; questo tempo così paradossale potrebbe essere una grande occasione per recuperare creatività e forme inedite.
Non siamo disponibili a provare strutture organizzative nuove, anche economiche, per generare e non consumare.
Non siamo pronti al confronto con realtà diverse che possano mettere in discussione le nostre certezze e le nostre quotidianità.
Ci siamo persi l'Essere, badando solo all'Avere.
Recuperiamoci.
Nessun commento:
Posta un commento