martedì 29 settembre 2009

Ce la posso fare! dal Piemonte...a Napoli


Grazie ala convegno "Ce la posso fare!" ho avuto modo di ascoltare quasi affascinata la testimonianza di Marika Iorio, insegnante di Scuola Chance a Napoli.

Marika ci ha spiegato come sia molto diversa la percezione del concetto di dispersione scolastica a Napoli.

I problemi sociali hanno una portata e una sostanza decisamente lontane da ciò a cui siamo abituati dalle nostre parti: i ragazzi dispersi sono materiale interessante per la camorra!

Gli educatori si mettono in gioco soprattutto in contesti informali [come la mensa ad esempio] per poter instaurare un'alleanza educativa che possa essere da tramite per il successo formativo, che in questo caso ha anche una valenza di contenimento sociale.

Ai ragazzi vengono proposte solo due materie al giorno per due ore ciascuna, per evitare loro lo stress che minerebbe la qualità dell' apprendimento.

Ciò a cui viene data importanza è rendere responsabili e autonomi i ragazzi nelle scelte e le modalità di gestione delle difficoltà di grupo e individuali [anche con il problem solving].

L'entusiasmo e la lucidità con cui Marika ha raccontato la sua esperienza con i ragazzi di Scuola Chance ha trasmesso una energia positiva e ricca di speranza, la certezza che con la volontà di trovare nuove modalità si può agganciare anche Chi sembra lontano. Bello il racconto del ragazzo che rifiutava qualsiasi tipo di impegno, ma bravo a ballare...
Così lo hanno riportato a scuola grazie alla break dance, permettendogli di ballare e fare esperienze eccezionali nel ballo hanno ottenuto un minimo impegno e disciplina.
Un bell'esempio concreto di negoziazione e mediazione.

Il motto che può sintetizzare l'approccio è apprendere facendo!

La conclusione dell'intervento mi è sembrata la chiave che può aprire le porte al tentativo di risolvere o porre i limiti al problema della dispersione:
e' possibile creare spazi di pensieri e parole negli esclusi!


Mi chiedo la scuola del rigore che tanto è di moda di questi tempi va davvero in questa direzione? può davvero dare la libertà di spazi, per tutti, esclusi compresi?












mercoledì 23 settembre 2009

dal Dulp




Di ritorno dal Dulp...
Ormai sono tornata da qualche giorno da quella che per Me è stata un'esperienza molto interessante e mi ero ripromessa di scriverne subito sotto la spinta dell'entusiasmo. In realtà quando ho cercato di fare ordine tra le tante sollecitazioni ricevute mi sono trovata in difficoltà.

Al di là della Vision di cui Dulp è portavoce e del paradigma che si va cercando [e si è cercato attarverso le discussioni in presenza] nelle discussioni sul gruppo di Facebook a me ha confermato la necessità [più volte dichiarata qui] della centralità delle persone, come dice Carlo Giovannella. ["bisogna recuperare le facce" bellissima immagine il cui significato condivido]

Cosa ho portato a casa? sicuramente nuova curiosità e voglia di sperimentare.

Ho chiarito a me stessa cosa voglia dire per le nuove generazioni l'uso delle tecnologie, ma soprattutto quale significato può assumere l'uso didattico.
Ho incontrato gente entusiasta e competente, le cui sollecitazioni sono strumento prezioso per nuove strade che vorrò percorrere.

E' stato bello vedere come la fisica, la pedagogia, la sociologia, l'informatica e forse la filosofia cercassero connessioni e attraverso strade diverse, un'unica meta.

Una bella sorpresa: conoscere insegnanti della Scuola [quella tradizionale e non quella dei ragazzi del fare] diversi dallo stereotipo [annoiato e frustrato], ma con fantasia e desiderio di ricerca, voglia di mettersi in gioco e di proporre strumenti alternativi, nuovi e al passo con le generazioni..liquide appunto. Come Annalisa Boniello che usa Second Life con i suoi ragazzi per insegnare scienze e Elisa Spadavecchia che mette l'inglese su Wiki, Podcast, blog e piattaforme... [chiedo scusa ai tanti che non cito]

Elisa ci ha fatto toccare con mano come l'uso della piattaforma possa allargare il tempo scolastico oltre la scuola, e come il blog permetta di rendere visibile ad allievi e genitori il lavoro che c'è dietro una lezione. Mentre Annalisa ci ha fatto riflettere sul significato pedagogico del gioco e sulle sue potenzialità educative:apprendere attraverso il gioco può sembrare sovversivo, perchè in Italia pensiamo che per insegnare non bisogna giocare, ma quante competenze trasversali e non si possono implementare!

Tra le tante contaminazioni il complex learning di Eleonora Guglielman e Laura Vettraino mi ha sollecitato maggiormente.
Esso propone un approccio nuovo capace di transitare in diversi strumenti, contaminando ambienti aperti non predefiniti rispondendo proprio a quel bisogno che esprimevo all'inizio, che cerca la centralità dell'allievo attraverso la personalizzazione, la multiattorialità e la fluidità. Un approccio olistico! [ma mi riprometto di approfondire e farne un post ad hoc]

Mi piace concludere con una frase di Marcello Bettoni:
La scuola deve essere realtà, ma allo stesso tempo una realtà facilitata, quindi una realtà fatta di simulazione.

Ritengo che una scuola che deve contribuire alla formazione di prossimi lavoratori [come la Formazione Professionale appunto] debba essere a maggior ragione liquida e ubiqua, proprio come Lisbona ci ha chiesto.

In attesa di una prossima dulpata...


mercoledì 9 settembre 2009

Il discorso del Presidente


Vi segnalo il discorso di Obama per salutare gli studenti all'inizio dell'anno scolastico.

Si apprezza l' Uomo che parla agli Uomini del futuro, con serenità, consapevolezza e speranza.

Un buon modo per iniziare l'anno formativo, con le parole di Chi ha vissuto e ha saputo essere oltre che fare.

lunedì 7 settembre 2009

Un ritorno...di buon auspicio!




Quando passano da qui i ragazzi del fare portano con sè tutto il peso delle esperienze vissute che spesso sono negative e fallimentari.
Questo può voler dire fatica e a volte anche rabbia per la frustrazione di non riuscire a trasmettere loro quegli obiettivi che i decreti e la tradizione ci chiedono. Ma anche dispiacere per il senso di Cura che non sempre riesce a percorrere le strade desiderate a causa della quotidianità e delle fatiche che questa si trascina.

Poi succede che un giorno ritornano...vengono a raccontarsi, a condividere le loro strade, i loro sogni disillusi, ma anche i piccoli successi.

Si mostrano nella loro crescita e nel loro desiderio di tornare là dove hanno vissuto le contraddizioni di un periodo adolescenziale che rimpiangono, e di cui sanno non aver approfittato abbastanza.

Portano con loro lo sguardo della riconoscenza e dell'affetto, un affetto sostenuto dalla stima e dal rispetto.

Chiedono l'energia di condividere un passato che può farsi futuro attraverso collaborazioni, sorrisi e piccoli spazi di trasgressione, una trasgressione che semplicemente si declina con il tu dal lei...

E' un bel modo di ricominciare, di affrontare il nuovo anno formativo rincontrare gli ex allievi, soprattutto quelli che che te lo avevano giurato: mai più qui!

E' nei sorrisi di chi torna e cerca chi l'ha accompagnato nel mondo verso la propria strada, che si trova la voglia di continuare a stare in un settore professionale complicato e di nicchia, che si prende energia per continuare l'evoluzione.

Buon anno a Tutti!


venerdì 4 settembre 2009

DULP CAMP 09

Ubiquitous Learning in Liquid Learning Places:
challenging Technologies, rethinking Pedagogy, being Design inspired.

D per Design Inspired Learning
U per Ubiquitous Learning
L per Liquid Learning Places
P per Person in Place Centred Design
14-15 settembre 2009
Facoltà di Scienze M.F.N. - Aula T1 - Via della ricerca scientifica 1
Università di Roma Tor Vergata

Promosso dalla ScuolaIaD dell'Università di Roma Tor Vergata, sostenuto dalla Garamond, sotto l'egida della Sie-L e del SIGCHI Italy il 14-15 settembre 2009 avrà luogo il primo convegno sul DULP, un evento che può essere considerato come il seme iniziale di un "laboratorio" in divenire, da cui emergeranno le "best practice" destinate a indirizzare i processi formativi del terzo millennio.
A quindici anni dall'esplosione di internet, infatti, passata l'euforia, molti - sia all'interno della DG dell'Unione Europea preposta al TEL (Technology Enhanced Learning) che tra i curatori di eventi quali ONLINE EDUCA di Berlino - si chiedono cosa sarà delle pratiche di apprendimento nel futuro più o meno lontano ?
E l'interrogativo si trasforma in vera e propria sfida quando ci si rende conto che viviamo in un mondo in rapida trasformazione ove la conoscenza immateriale è diventata bene primario, in cui si affermano nuovi stili di vita caratterizzati da una sempre maggiore ubiquità spazio temporale e da contesti sempre più liquidi e coevolutivi, in cui interagiremo con spazi fisici sempre più sensibili e responsivi in maniera estremamente naturale utilizzando i gesti, il parlato, la nostra emotività, in cui i luoghi si popoleranno di relazioni sociali sempre più semplici da istaurare e complesse da gestire, in cui la personalizzazione e la ricchezza di senso dell'esperienza personale diverrà il principale metro di giudizio.
La sfida è enorme, sia per le tecnologie che per la pedagogia, e presuppone la capacità di intervenire a piu' livelli - progettuale, metodologico e tecnico - per favorire nell'allievo l'insorgere di un'atteggiamento da designer creativo, riflessivo e consapevole.

"The Grand Challenge", appunto ... e il DULP vuole essere una prima risposta.

Il programma dell'evento, molto ricco, presenta tre sessioni dedicate alle "riflessioni e suggestioni teoriche", agli "strumenti del DULP" e alla loro applicazione pratica. Vi saranno, poi, una ricchissima sessione DEMO, due tutorial sull'open source e la "didattica scolastica" e su di un innovativo ambiente di formazione on-line: LIFE.
Completerà degnamente il programma un DULPCamp aperto al libero confronto, che condurrà alla definizione collaborativa dell'agenda DULP per il prossimo futuro.

Maggiori info sul sito ufficiale

Oggetto "DULP '09"
(evento satellite del VI Congresso Nazionale SIe-L Univ. di Salerno)

Organizzazione Scuola IaD dell'Università di Roma Tor Vergata

con il sostegno di Garamond s.r.l.

sotto l'egida di SieL e SIGCHItaly

Luogo Aula T1 - Facoltà di Scienze M.F.N.
Università di Roma Tor Vergata
Via della Ricerca Scentifica 1 - Roma

Programma 14 Settembre
ore 9:00 - 11:15
Demo DULP (sessione DEMO)
ore 11:30 - 13:45
DULP: riflessioni e suggestioni teoriche
ore 15:00 - 18:15
DULPCamp
ore 18:15 - 19:15
Internet 2.0 e Open Source per la didattica scolastica (tutorial)
15 Settembre
ore 9:00 - 10:45
DULPcamp: definizione collaborativa di un'agenda per il futuro ore 11:30 - 13:15
Il DULP e le discipline
ore 14:15 - 16:45
Strumenti per il DULP
ore 18:15 - 19:15
"A new LIFE" (tutorial)

Mezzi pubblici metro A: fermata Anagnina; bus: 20, 046

E-mail ufficio stampa santo[at]scuolaiad.it

giovedì 6 agosto 2009

L'empatia..strumento necessario per la Formazione


Che cosa è cambiato dalla formazione professionale degli anni '50 ad oggi?

Ciò che è cambiato da allora a parte i ragazzi e i loro bisogni, è il setting nel quale essi si formano.

Un tempo la formazione era intesa come addestramento, un modello formativo che si è diffuso in Italia nel periodo del boom economico e che ha sostituito a poco a poco il modello del maestro di bottega. Il concetto di addestramento si alimenta grazie ai cambiamenti dei processi produttivi: dalla produzione artigianale alla produzione su scala. Ne consegue l'esigenza di formare competenze in un breve periodo, senza interessarsi troppo a Chi si forma.

Anche la formazione professionale inconsapevolmente ha risentito dei postulati del behaviorismo skinneriano e dell'ansia di prestazione, senza guardare a Chi si sta formando, alle sue caratteristiche e al perchè ha scelto quella professione piuttosto che un'altra.

Con gli anni '70 si sono affacciati i centri di formazione professionale di ispirazione religiosa e sindacale che si sono caratterizzati per un proprio modello pedagogico che superasse il “saper fare” proponendo, quello che nella nuova accezione per competenze è il “saper essere”, l' Uomo Etico.

L'Uomo Etico si forma attraverso l'esempio e la Cura [la solita cura educativa di cui in questo blog abbiamo ripetutamente parlato].

L'Uomo Etico si prepara, come dice Ferdinando De Muro, con una formazione intesa come esperienza “integrale”, con un percorso che ricostruisca la propria identità professionale, che metta le basi per nuove sfide.

L'allievo di oggi non è più solo ricettore, ma è parte integrante del processo didattico. Grazie all'atteggiamento dell'allievo la lezione e l'obiettivo dell'azione formativa possono [e devono] essere modificati, e sorprendentemente a volte possono assumere forme più adeguate, anche se non tradizionali e consuete.

Per questa ragione non si può pensare di fare formazione senza un atteggiamento empatico.

De Muro definisce l'empatia

come la capacità di sintonizzarsi cognitivamente ed emotivamente (con la mente e con il cuore) con gli altri, con ciò che stanno vivendo in un preciso momento. E' una tendenza (sensibilità) che consente ad una persona di percepire i bisogni dell'altro, ad assumerne le prospettive, a viverne le emozioni e a reagire emotivamente in congruenza con la situazione.

E' fondamentale capire i bisogni di chi si sta formando, perchè è l'unico strumento che abbiamo a disposizione per segnare la strada della crescita personale dei ragazzi ed evitare [o ridurre] le sconfitte.

L'empatia è ciò che ci permette di non considerare la formazione professionale esclusivamente dal punto di vista del lavoro, ma anche e soprattutto dal punto di vista della persona.

Mettere al centro la Persona permette di guardare prospettive nuove anche in un mondo del lavoro alienato e forse poco educativo. Perchè come diceva Simone Weil

un lavoro ridotto a merce e subìto trasforma l'uomo in un'orrenda mostruosità.
Mentre una professionalità consapevole appresa grazie alla passione, all'interesse e all' amore per l'Uomo, appunto giova all'azienda e alla società.

Essere emapatici è sicuramente impegnativo, perchè significa mettersi in gioco e andare in profondità [senza essere l'amicone]. Ma se il risultato mira ad una libertà consapevole e matura, ad una società dove l'individuo è predisposto ad essere proattivo per una causa comune, al di là dello stipendio e della performance individuale, forse vale la pena mettersi in gioco.



martedì 28 luglio 2009

Il dialetto non è integrazione!


Pare si voglia una scuola che sappia il dialetto!

Vorrei lasciar perdere i commenti e le polemiche che credo nel web si siano già sussegguiti [anzi ne ho la certezza!] per riflettere sul significato di una tale provocazione.

Mio padre ha frequentato una scuola che non gli parlava italiano, ma che attraverso compagni e insegnanti lo ha costretto a imparare il piemontese, anzi forse il torinese, per usarlo nella sua quotidianità ancora di più del suo originario dialetto guardiese.

Io sono cresciuta vergognandomi un po' se per strada i miei genitori usavano interiezioni dialettali che non fossero quelle della regione che ci ospita. [siamo immigrati, appunto!]
La scuola che ho frequentato io parlava esclusivamente italiano.

I ragazzi del fare della mia quotidianità orgogliosamente mescolano dialetto [di qualsiasi provenienza sia], italiano e slang.

Tra le nuove generazioni di insegnanti pochi usano il dialetto comunemente. E a me piace usare piccoli termini curiosi che sappiano arricchire l'italiano là dove non c'è una corrispondenza dell'italiano in grado di competere.

Vivo contaminata dall'Occitania, dal Patois e dal francese che per i Valdesi ha significato nei secoli Libertà.
Ma immersa in queste contaminazioni non ho mai colto inadeguatezza in nessun insegnante o collega che non conoscesse il dialetto [o il Patois, quasi impossibile da imparare se non si è indigeni].

No! la patente di insegnante non si prende con l'esame del Piemontese. Piuttosto ci sarebbe da scandalizzarsi non si conoscesse la storia della Resistenza [di cui tante pagine sono state scritte proprio in Piemonte], ma quella vivaddio fa parte della Storia dell'Italia intera! E' patrimonio comune, per cui nessuno può vantare il monopolio.

Il valore aggiunto per i ragazzi di una tale novità io non lo vedo!
L'amore per la propria terra, la storia del territorio e la ricchezza della cultura e tradizione locale non si construiscono con insegnanti obbligati a "contaminarsi", questa non è integrazione.
Così come una scuola che obbligava i propri studenti a non parlare italiano per potersi sentire parte del gruppo non integrava [era il singolo con le proprie abilità, attitudini e con la propria fibra che si adeguava ad un mondo che in fondo non lo voleva]

Perchè non proporre piuttosto strade alternative e innovative per cercare nuovi modelli di integrazione?