Grazie ala convegno "Ce la posso fare!" ho avuto modo di ascoltare quasi affascinata la testimonianza di Marika Iorio, insegnante di Scuola Chance a Napoli.
Marika ci ha spiegato come sia molto diversa la percezione del concetto di dispersione scolastica a Napoli.
I problemi sociali hanno una portata e una sostanza decisamente lontane da ciò a cui siamo abituati dalle nostre parti: i ragazzi dispersi sono materiale interessante per la camorra!
Gli educatori si mettono in gioco soprattutto in contesti informali [come la mensa ad esempio] per poter instaurare un'alleanza educativa che possa essere da tramite per il successo formativo, che in questo caso ha anche una valenza di contenimento sociale.
Ai ragazzi vengono proposte solo due materie al giorno per due ore ciascuna, per evitare loro lo stress che minerebbe la qualità dell' apprendimento.
Ciò a cui viene data importanza è rendere responsabili e autonomi i ragazzi nelle scelte e le modalità di gestione delle difficoltà di grupo e individuali [anche con il problem solving].
L'entusiasmo e la lucidità con cui Marika ha raccontato la sua esperienza con i ragazzi di Scuola Chance ha trasmesso una energia positiva e ricca di speranza, la certezza che con la volontà di trovare nuove modalità si può agganciare anche Chi sembra lontano. Bello il racconto del ragazzo che rifiutava qualsiasi tipo di impegno, ma bravo a ballare...
Così lo hanno riportato a scuola grazie alla break dance, permettendogli di ballare e fare esperienze eccezionali nel ballo hanno ottenuto un minimo impegno e disciplina.
Un bell'esempio concreto di negoziazione e mediazione.
Il motto che può sintetizzare l'approccio è apprendere facendo!
La conclusione dell'intervento mi è sembrata la chiave che può aprire le porte al tentativo di risolvere o porre i limiti al problema della dispersione:
Mi chiedo la scuola del rigore che tanto è di moda di questi tempi va davvero in questa direzione? può davvero dare la libertà di spazi, per tutti, esclusi compresi?
Marika ci ha spiegato come sia molto diversa la percezione del concetto di dispersione scolastica a Napoli.
I problemi sociali hanno una portata e una sostanza decisamente lontane da ciò a cui siamo abituati dalle nostre parti: i ragazzi dispersi sono materiale interessante per la camorra!
Gli educatori si mettono in gioco soprattutto in contesti informali [come la mensa ad esempio] per poter instaurare un'alleanza educativa che possa essere da tramite per il successo formativo, che in questo caso ha anche una valenza di contenimento sociale.
Ai ragazzi vengono proposte solo due materie al giorno per due ore ciascuna, per evitare loro lo stress che minerebbe la qualità dell' apprendimento.
Ciò a cui viene data importanza è rendere responsabili e autonomi i ragazzi nelle scelte e le modalità di gestione delle difficoltà di grupo e individuali [anche con il problem solving].
L'entusiasmo e la lucidità con cui Marika ha raccontato la sua esperienza con i ragazzi di Scuola Chance ha trasmesso una energia positiva e ricca di speranza, la certezza che con la volontà di trovare nuove modalità si può agganciare anche Chi sembra lontano. Bello il racconto del ragazzo che rifiutava qualsiasi tipo di impegno, ma bravo a ballare...
Così lo hanno riportato a scuola grazie alla break dance, permettendogli di ballare e fare esperienze eccezionali nel ballo hanno ottenuto un minimo impegno e disciplina.
Un bell'esempio concreto di negoziazione e mediazione.
Il motto che può sintetizzare l'approccio è apprendere facendo!
La conclusione dell'intervento mi è sembrata la chiave che può aprire le porte al tentativo di risolvere o porre i limiti al problema della dispersione:
e' possibile creare spazi di pensieri e parole negli esclusi!
Mi chiedo la scuola del rigore che tanto è di moda di questi tempi va davvero in questa direzione? può davvero dare la libertà di spazi, per tutti, esclusi compresi?
Ciao Lia,
RispondiEliminasai, ho avuto occasione di conoscere i maestri di strada circa un anno fa ad un convegno a Napoli sul tema dell'educazione e della libertà. Sono rimasta particolarmente colpita dal responsabile di quell'organizzazione: Cesare Moreno. Ha aperto il suo intervento dicendo che tutti gli insegnanti, quando entrano in aula, si visualizzano la lavagna divisa tra ragazzi "buoni" e ragazzi "cattivi". Lui ci ha spiegato, però, che per lui i ragazzi sono "cattivi" nel senso etimologico della parola: prigionieri (dal latino "captivus"). I ragazzi sono infatti prigionieri della paura, dell'ignoranza sia culturale sia materiale, della vendetta, della criminalità. Il primo compito dell'educatore deve essere quindi quello di liberare il ragazzo da tutte queste catene, perchè solo quando si è liberi si accetta l'educazione.
Bacio!
Elisa Occhetti
Grazie Elisa del Tuo bel contributo, e anche molto prezioso. Piace anche a me questa interpretazione dei "cattivi ragazzi" sicuramente da approfondire. E sai una cosa? leggendo mi sono riconosciuta anche io "cattiva". Che non sia questo un punto di partenza per un approfondimento e la ricerca di una nuova strada educativa?
RispondiEliminaAspetto altre Tue sollecitazioni!