Nel 1952 a Pinerolo succedeva così!
Grazie a Federico Ferro della Società Mutua Pinerolese sono venuta in possesso di alcuni interessanti documenti sulla formazione professionale pinerolese degli anni '50.
Il 29 dicembre del 1952 presso la sala consigliare di Pinerolo si teneva una "pubblica riunione per spiegare ai Sig. Artigiani [...] le finalità e gli scopi del Corso".
E' interessante sfogliare l'intera documentazione che ne reggeva l'organizzazione.
Si trattava di un "CORSO COMUNALE TECNICO PRATICO per l'addestramento professionale dei giovani", presieduto quindi da una Commissione di Controllo della Scuola. La commissione era composta rispettivamente da un rappresentante del Comune di Pinerolo, dell'Ispettorato del Lavoro, dell'Ufficio Regionale del Lavoro, di ciascuna delle Organizzazioni Sindacali e dall'Associazione degli Artigiani contraenti l'accordo, dal Rappresentante Associazione Industriali e della Direzione ONARMO.
Tutti gli attori si erano messi insieme per stabilire le regole.
Il corso [comunale] rispondeva al bando del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale- direzione generale occupazione Interna e migrazione che in oggetto citava:
Ciò che mi ha colpito è come le linee guida proposte nel documento [polveroso] siano molto simili nella sostanza ai bandi odierni. Tanto da sembrare quasi una premessa ai parametri del sistema di Accreditamento.
Le linee guida sono molto puntuali, tanto da entrare nel merito della gestione economica, fino a stabilire il compenso mensile del direttore che è di £. 10.000 per la direzione di un corso, di £.14.000 per due, di £.16.000 per tre o più corsi.
Purtroppo sono poche le informazioni reperibili rispetto alla didattica, se non il riferimento al punto 36, in cui si scrive:
Il monito severo e forse anche eccessivo è giustificato dall'epoca, in cui la formazione professionale era intesa come addestramento e non tanto come come educazione. All' epoca il nemico da contrastare era davvero solo il rischio di disoccupazione, che tuttavia era più un fantasma [l'Italia si apprestava ad accogliere il boom economico].
Oggi le azioni sono volte a combattere la dispersione scolastica, con tutti gli anessi e connessi.
Nel '52 gli allievi da integrare erano i terroni, oggi sono gli stranieri e i drop out.
Nel '52 i problemi relazionali erano tra i ragazzi di campagna e quelli di città, tra i meridionali e i piemontesi [che accoglievano i coetanei del sud parlando loro solo ed esclusivamente in dialetto]; oggi c'è il bullismo, c'è la paura dello straniero e tanto altro che complica e che distoglie dall'obiettivo lavoro., che non è più l'unico punto di approdo.
Nei documenti del '52 leggo una volontà di formare la classe operaia per il territorio, oggi si guarda all'Europa.
Lo abbiamo già detto...
Non ci si può esimere dalla corsa verso gli obiettivi di Lisbona.
Tuttavia mi chiedo quanto abbiano perso i percorsi formativi riducendo la partecipazione territoriale.
Trovo tra le preziose carte anche una nota integrativa in cui vengono sottoscritte delle regole di comportamento dai vari artigiani [vengono chiamati così i formatori] ai quali sono asegnati gli allievi
Sì, abbiamo letto bene...quello che per la formazione professionale moderna è lo stage [quindi un'attività straordinaria], al tempo costituiva la normale attività formativa.
Le lezioni erano di 8 ore per abituare i ragazzi alla giornata lavorativa e di 36 ore settimanali.
Era previsto un trattamento economico per gli allievi. [Ormai andato perduto quasi per tutti i target di utenza, ahimè!]
Le lezioni teoriche prevedevano l'insegnamento di disegno, tecnologia, geometria, merceologia oltre a quello delle materie che saranno tenute necessarie a seconda dei vari Maestri.
I maestri-formatori avevano una buona autonomia didattica radicata sul principio del lavoro e delle regole che lo governano. Le metodologie didattiche spesso sorgevano dal buon senso, dall'esperienza e dalle necessità quotidiane [come banalmente spedire una lettera al proprio insegnante].
Le competenze trasversali non erano sicuramente teorizzate e dichiarate in progetti, ma si trasmettevano grazie al carisma degli artigiani.
In quell'invito [che suona come monito] al rispetto delle esigenze fisiche e morali degli allievi io ci leggo la cura di don Milani.
Nei verbali della Commissione di Controllo della Scuola leggo entusiasmo e amore per il territorio, desiderio di dare professionalità alle proprie aziende, ma soprattutto leggo il substrato della Formazione Porfessionale che viviamo oggi.
Questo mi ha davvero sorpresa!
Il 29 dicembre del 1952 presso la sala consigliare di Pinerolo si teneva una "pubblica riunione per spiegare ai Sig. Artigiani [...] le finalità e gli scopi del Corso".
E' interessante sfogliare l'intera documentazione che ne reggeva l'organizzazione.
Si trattava di un "CORSO COMUNALE TECNICO PRATICO per l'addestramento professionale dei giovani", presieduto quindi da una Commissione di Controllo della Scuola. La commissione era composta rispettivamente da un rappresentante del Comune di Pinerolo, dell'Ispettorato del Lavoro, dell'Ufficio Regionale del Lavoro, di ciascuna delle Organizzazioni Sindacali e dall'Associazione degli Artigiani contraenti l'accordo, dal Rappresentante Associazione Industriali e della Direzione ONARMO.
Tutti gli attori si erano messi insieme per stabilire le regole.
Il corso [comunale] rispondeva al bando del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale- direzione generale occupazione Interna e migrazione che in oggetto citava:
Istituzione funzionamento di corsi per l'addestramento professionale dei lavoratori disoccupati e in soprannumero e degli apprendisti artigiani.
Ciò che mi ha colpito è come le linee guida proposte nel documento [polveroso] siano molto simili nella sostanza ai bandi odierni. Tanto da sembrare quasi una premessa ai parametri del sistema di Accreditamento.
Le linee guida sono molto puntuali, tanto da entrare nel merito della gestione economica, fino a stabilire il compenso mensile del direttore che è di £. 10.000 per la direzione di un corso, di £.14.000 per due, di £.16.000 per tre o più corsi.
Purtroppo sono poche le informazioni reperibili rispetto alla didattica, se non il riferimento al punto 36, in cui si scrive:
il Direttore del corso può sospendere gli allievi che si rendono indisciplinati e negligenti e che siano ripetutamente assenti dalle lezioni senza giustificato motivo, proponendo successivamente la radiazione dell' Ufficio stesso, sulle proposte di radiazione decide in via definitiva e ne determina la decorrenza, ordinando all'I.N.P.S. di non corrispondere più agli allievi radiati il sussidio straordinario di disoccupazione.
Il monito severo e forse anche eccessivo è giustificato dall'epoca, in cui la formazione professionale era intesa come addestramento e non tanto come come educazione. All' epoca il nemico da contrastare era davvero solo il rischio di disoccupazione, che tuttavia era più un fantasma [l'Italia si apprestava ad accogliere il boom economico].
Oggi le azioni sono volte a combattere la dispersione scolastica, con tutti gli anessi e connessi.
Nel '52 gli allievi da integrare erano i terroni, oggi sono gli stranieri e i drop out.
Nel '52 i problemi relazionali erano tra i ragazzi di campagna e quelli di città, tra i meridionali e i piemontesi [che accoglievano i coetanei del sud parlando loro solo ed esclusivamente in dialetto]; oggi c'è il bullismo, c'è la paura dello straniero e tanto altro che complica e che distoglie dall'obiettivo lavoro., che non è più l'unico punto di approdo.
Nei documenti del '52 leggo una volontà di formare la classe operaia per il territorio, oggi si guarda all'Europa.
Lo abbiamo già detto...
Non ci si può esimere dalla corsa verso gli obiettivi di Lisbona.
Tuttavia mi chiedo quanto abbiano perso i percorsi formativi riducendo la partecipazione territoriale.
Trovo tra le preziose carte anche una nota integrativa in cui vengono sottoscritte delle regole di comportamento dai vari artigiani [vengono chiamati così i formatori] ai quali sono asegnati gli allievi
Gli artigiani e gli industriali nei cui laboratori saranno impartite lezioni pratiche, dovranno rispettare le esigenze fisiche e morali degli allievi, richiedendone esclusivamente prestazioni che servano alla preparazione del mestiere, ed assumendosi a loro completo carico le spese del materiale, dell'energia elettrica e consumo macchinario, ed ogni altra derivante dall'insegnamento agli allievi. Ogni infrazione a quanto sopra provocherà l'immediata cessazione dello svolgimento delle lezioni pratiche presso l'azienda interessata.
Sì, abbiamo letto bene...quello che per la formazione professionale moderna è lo stage [quindi un'attività straordinaria], al tempo costituiva la normale attività formativa.
Le lezioni erano di 8 ore per abituare i ragazzi alla giornata lavorativa e di 36 ore settimanali.
Era previsto un trattamento economico per gli allievi. [Ormai andato perduto quasi per tutti i target di utenza, ahimè!]
Le lezioni teoriche prevedevano l'insegnamento di disegno, tecnologia, geometria, merceologia oltre a quello delle materie che saranno tenute necessarie a seconda dei vari Maestri.
I maestri-formatori avevano una buona autonomia didattica radicata sul principio del lavoro e delle regole che lo governano. Le metodologie didattiche spesso sorgevano dal buon senso, dall'esperienza e dalle necessità quotidiane [come banalmente spedire una lettera al proprio insegnante].
Le competenze trasversali non erano sicuramente teorizzate e dichiarate in progetti, ma si trasmettevano grazie al carisma degli artigiani.
In quell'invito [che suona come monito] al rispetto delle esigenze fisiche e morali degli allievi io ci leggo la cura di don Milani.
Nei verbali della Commissione di Controllo della Scuola leggo entusiasmo e amore per il territorio, desiderio di dare professionalità alle proprie aziende, ma soprattutto leggo il substrato della Formazione Porfessionale che viviamo oggi.
Questo mi ha davvero sorpresa!
come spesso accade, sono arrivata al tuo blog cercando qui e là buoni motivi e alleati per riprendere il cammino: tornerò a trovarti per confrontarmi con la tua esperienza.
RispondiEliminaGrazie e buon riposo estivo (leggasi = ricarica delle batterie!)
Grazi e benvenuta anche a Te! Le ricaricherò e proveremo a camminare un po' insieme...
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