mercoledì 1 luglio 2009

Correre per l'Economia della Conoscenza...

Verso L'Europa

L'Europa ci ha introdotti all'Economia della Conoscenza, tanto da ridisegnare il profilo del Cittadino Europeo [ o l'auspicato cittadino].

Questa entità superiore chiamata Europa ha posto dei vincoli che ufficialmente ha chiamato raccomandazioni, affinchè si potesse configurare un modello educativo europeo che pone al centro della discussione il concetto di cittadinanza [attiva].

In sostanza si allarga l' idea di Istruzione, come tradizionalmente la si intende in Italia, per andare ad accogliere nel suo contenitore anche la Formazione.
La vera risorsa per l'Europa è quella umana, per questa ragione nessuno può astenersi da quel rischio formativo che porta l'etichetta di lifelong learnig.

Lifelong learning significa abbandonare quello che è il vecchio concetto di lavoro [in quanto specifico], per accogliere il processo che si muove tra il fare, il saper fare e il saper essere [ciò che a me piace chiamare evolvere!]. La natura del sapere è cambiata, per questa ragione non ci si può astenere dal cercare metodologie di apprendimento nuove e sperimentali.

La formazione è il veicolo [europeo appunto] che porta allo sviluppo economico e conseguentemente alla competitività. Quest'ultima necessita sì di un sapere innovativo, ma posto sulle solide basi di un sapere codificato, più tradizionale [forse più italiano]. Allora la parola d'ordine non può che essere integrazione.

Integrazione tra sistemi [Scuola e Formazione], ma anche integrazione tra il mondo produttivo e il mondo della conoscenza. Perchè se L'Europa ha reso strategica la Formazione, non possiamo dimenticare che la formazione è un processo che coinvolge diversi microsistemi. [Qui torna il concetto di Rete].

Rullani ci dice in " Il maestro e la rete, 1999" che
la formazione è il processo attraverso cui una comunità, un territorio, un sistema collettivo di imprese si dotano delle competenze e delle professionalità necessarie a competere con altre comunità, territori, sistemi collettivi.


In realtà i dati ci dicono che il raggiungimento degli obiettivi che L'Europa aveva suggerito ai sistemi educativi degli stati membri sono al di sotto delle aspettative. Siamo ancora lontani dal sistema collettivo e integrato strategico per stare dignitosamente in un'economia globale. [in Italia più che mai!]
Ma il 2010 è vicino! Bisognerebbe correrre...

7 commenti:

  1. La mia impressione di "non addetto" ai lavori: il lifelong learning, come lo descrivi, è la mia esperienza di lavoro pre-Olivetti; negli ambienti del periodo 1969 - 1983 ho conosciuto il "LAVORO DI PROCESSO" e ho percepito il senso di "EVOLUZIONE" (dell'apprendimento), prima della nascita del concetto di lifelong learning.
    Dal 1983 in poi mi sono dovuto scontrare con il "LAVORO PER COMPARTIMENTI STAGNI", assistendo impotente al deterioramento progressivo della qualità della produzione e del lavoro.
    Rimprovero quindi alle Università e agli Istituti di Ricerca, che hanno creato i miei "ambienti di lavoro" di riferimento, sulla base della necessità di condividere l'uso di risorse tecnologiche altrimenti inaccessibili, di non aver "imparato la lezione" non tecnologica sulla qualità del lavoro che si svolgeva in quegli ambienti.
    Finalmente posso spiegarmi perché "sembro" un filosofo .. forse.

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  2. Sì, Luigi!
    Da piemontese [abruzzo-piemontese, veramente]mi capita spesso di incontrare Menti che in passato hanno vissuto quel laboratorio che è stato Olivetti, dove si cercava di far convergere cultura, conoscenza e innovazione per metterle al servizio dell'Impresa e del processo di miglioramento [continuo]. La sensazione che nasce nel sentire raccontare Chi ha vissuto quegli ambienti è che in qualche modo quell'esperienza sia servita da paradigma per tante realtà che ancora continuano.
    Purtroppo in Italia "quell'atmosfera" si è persa...e per il momento mi sembra lontana dall'essere recuperata.
    Detto fuori dai denti: se l'esempio Olivetti non si fosse perso...forse non l'Italia non dovrebbe correre per ...l'Europa!

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  3. Scusami Lia, posso correggerti?
    ;-)
    L'Olivetti che ho conosciuto io ('83 - '89), quella che a colpi di slogan voleva diventare "Leader dei Sistemi Aperti", non ha saputo (qualcuno mi dice "voluto") essere di esempio.
    Dall'Olivetti io ero stato "head hunted" in Inghilterra; altre "risorse" che, come me e meglio di me, avrebbero permesso a Olivetti di vincere la sfida, ce n'erano in abbondanza.
    Olivetti, la O del BISON dell'Informatica (di consumo) europea, si è estinta con tutto il Bisonte per non essere riuscita ad essere di esempio su cosa significa, veramente, "informatica".
    Il discorso è difficile ma forse è tempo di affrontarlo; vedi anche la conversazione in Marco's "Online Business Model .."

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  4. Sì, Luigi L'Olivetti a cui mi riferisco non è quella dell'Informatica di cui parli Tu. Ma è quella che trovi qui.
    L'Olivetti che mi hanno raccontato è quella che Gabriele Vacis e Laura Curino hanno descritto nel libro " Olivetti...alle radici di un sogno" come la "[...]la fabbrica dove tutti gli operai erano ricchissimi...Una fabbrica in mezzo agli alberi, e niente muri, ma vetrate, vetrate grandi, in modo che gli operai, mentre lavoravano, potessero vederli, gli alberi...Come era possibile che esistesse una fabbrica a misura d'uomo [...]Una tecnologia al servizio del benessere, ed il prezzo del benessere non veniva pagato con inquinamentio, alienazione, malattia, no: il benessere era ben essere, dignità del lavoro, rispetto per l'uomo, per il suo corpo, per il suo ambiente, per la sua educazione...Benessere voleva dire anche soltanto che a mezzogiorno i bambini Olivetti, se volevano, potevano, potevano andare a mangiare in mensa con sua mamma e suo papà..."
    Qui in Piemonte c'è stata una generazione di bambini figli di operai Fiat che invidiava i compagni di scuola figli di lavoratori Olivetti.
    Questa è l'Olivetti che ho sentito raccontare, anche da Bruno Bernardo Isetta, ma sicuramente Tu mi farai vedere "l'altro lato"...
    [ti ringrazio della sollecitazione che mi ha spinta a rileggere il libro citato nei boschi della Val Pellice, accanto a due splendidi caprioli che avevano deciso di litigare proprio a pochi passi da me]

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  5. Mi stai chiedendo di iniziare ad esplorare l'altra faccia della luna, vero?

    Per un uomo solo sarebbe la classica "mission impossible", quindi provo ad amplificare.

    Chissà mai che i tempi non siano maturi!?

    PS - qui dalle mie parti, in Valle di San Lucano, è ritornato l'Orso ;-) magari presto, in Val Padana, rispunterà il Bisonte! :-))

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  6. Beh! Te lo chiedo nel giorno dell'allunaggio! meglio di così?
    E' un onore per Me provocrti il desiderio di amplificare...
    Qui sono tra le Alpi e più che bisonti si vedono Lupi! :)

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  7. I Bisonti della mia metafora sono quelli in corsa che travolgono tutto senza "guardare in faccia nessuno" .. cioè un certo tipo di mentalità .. ancora dominante anche sulle Dolomiti :(

    L'acronimo BISON ha identificato, per un certo periodo, il sogno dell'industria informatica europea (Bull, Icl, Siemens, Olivetti, Nixdorf) di "essere un Consorzio" per i Sistemi Aperti .. Quel BISON/sogno si è lasciato travolgere dai Bisonti reali degli interessi industriali più forti di lui ... e le conseguenze adesso le stiamo pagando NOI .. a livello individuale

    Non solo solo IO che devo amplificare .. siamo NOI che dobbiamo farlo .. IO sono solo stato testimone di come si sono svolti i fatti .. VOI ci siete dentro fino al collo ;-)

    40 anni fa ho visto la luna alla mensa del CERN; ero un laureando fuori corso ... son 40 anni che sono in orbita di parcheggio .. aspettando che l'equipaggio si decida ad .. allunare :-))))

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